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4 weeks ago

Uno degli episodi che segnò profondamente la vita di Wolfgang Pauli fu il suicido della madre, avvenuto nel 1927. Solamente un anno più tardi il padre si sposò in seconde nozze con una donna molto più giovane, che egli chiamava “la cattiva matrigna”.Nel dicembre del 1929 Pauli si sposò con Käthe Margarethe Deppner ma il loro non fu un matrimonio molto felice, come si legge in una lettera che scrisse a un amico in vista di una visita a Copenaghen:“Probabilmente mia moglie non verrà con me. Il nostro è un matrimonio sui generis!”La moglie non lo accompagnò neanche nel suo viaggio in Unione Sovietica quando, dall’agosto al settembre del 1930, si recò a Odessa per il diciassettesimo Congresso sovietico di Fisica. Sul finire del 1930, dopo neanche un anno di matrimonio, i due divorziarono. Pauli iniziò ad avere seri problemi di alcolismo, determinati probabilmente da vari fattori e non solo dal matrimonio fallito, tanto che il padre lo spinse ad affidarsi alle cure dello psicoanalista Carl Jung, che lo indirizzò inizialmente verso la sua giovane assistente Erna Rosenbaum. Dal settembre del ’32 Pauli iniziò a sottoporsi a cinque mesi di psicoanalisi, seguiti da tre mesi di autoanalisi e con l’aggiunta di svariati incontri con Jung che analizzò circa quattrocento suoi sogni. Come è noto, i due rimasero in stretto contatto fino a qualche mese prima della morte di Pauli.Ma nel 1930 Pauli elaborò uno dei più importanti contributi al progresso della fisica: l’esistenza del neutrino, che descrisse quasi trent’anni dopo come “lo stupido figlio della mia crisi esistenziale”. Le notizie relative a questa ipotesi risalgono alla settimana esatta del suo divorzio, ma è celebre quella lettera che il 4 dicembre del 1930 inviò ai partecipanti di un Congresso a Tubinga, che recita più o meno così:“Cari Signore e Signori Radioattivi, a causa dello spettro continuo del decadimento beta, ho pensato a un disperato rimedio per salvare le statistiche e il principio di conservazione dell’energia. Si tratta della possibilità che esista nel nucleo una particella elettricamente neutra, che chiamerò neutrone- oggi invece noto come neutrino-, con spin 1/2 e che rispetti il principio di esclusione, ma che sia diversa dai fotoni. La massa del neutrone dovrebbe essere simile a quella dell’elettrone e comunque non maggiore dell’1% della massa del protone. Potremmo così spiegare lo spettro continuo assumendo che nel decadimento beta è emesso un neutrone assieme all’elettrone, in maniera tale che la somma delle loro energie sia costante. Ma finora non oso pubblicare nulla su questa idea, e prima di tutto mi rivolgo fiduciosamente a voi, cari radioattivi, con la domanda su quanto sia probabile trovare prove sperimentali per questa nuova particella.Concordo sul fatto che tale rimedio possa sembrare incredibile, ma solo chi osa può vincere e la situazione difficile in cui ci troviamo è ben illustrata da una frase che il mio illustre predecessore, il Sig. Debye, mi disse recentemente a Bruxelles… «è meglio non pensarci, proprio come per delle nuove tasse». D’ora in avanti ogni soluzione merita di essere considerata. Perciò cari radioattivi, esaminate e giudicate.Il vostro umile servitore, W. Pauli." See MoreSee Less
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4 weeks ago

Anatolij Petrovič Bugorskij è il fisico russo sopravvissuto a un terribile incidente nel 1978, quando un fascio di protoni ad alta energia gli ha attraversato il cranio.Ricercatore all’Istituto di Fisica delle Alte Energie, Bugorskij lavorava al sincrotrone U.70, all’epoca il più grande acceleratore in circolazione con un’energia massima, quando i protoni venivano accelerati, di circa 76GeV. Nel luglio del 1978, Bugorskij stava controllando un’apparecchiatura malfunzionante all’interno del tunnel che ospitava il fascio e per colpa di un guasto dei sistemi di sicurezza, la parte posteriore testa venne attraversata dal fascio protonico a 76GeV. Secondo quanto riportato da lui stesso, vide “un lampo più luminoso di mille soli” ma non provò alcun dolore. Conscio della gravità della situazione, continuò lo stesso a lavorare e decise di mantenere il fatto nascosto. Ma gli effetti dell’enormi dosi di radiazioni, di molto superiori a quella di una dose fatale, si verificarono ben presto: il suo viso si gonfiò, la pelle iniziò a staccarsi, rivelando il percorso del fascio che intanto stava logorando le ossa e i tessuti cerebrali. I medici decisero di ricoverarlo in una clinica moscovita per attendere l’inevitabile morte che sarebbe dovuta sopraggiungere da lì a pochi giorni. Ma Bugorskij, miracolosamente, sopravvisse e 18 mesi dopo tornò anche al suo lavoro di fisico delle particelle. Il danno non intaccò le sue capacità intellettuali ma ebbe inevitabili conseguenze, come la paralisi della metà sinistra del viso, la perdita di udito dall’orecchio sinistro e continue crisi tonico-cloniche. A causa della politica del silenzio dell’Unione Sovietica, Bugorskij non parlò mai pubblicamente del suo incidente per più di dieci anni. See MoreSee Less
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4 weeks ago

"Come potrete aver sospettato dal mio cognome, sono il fratello del noto comico. Mio fratello fa ridere, io no."Questo è uno dei tanti aneddoti nati attorno la figura di Piero Villaggio, fratello del famoso Paolo. Descritto come una persona non convenzionale ma al contempo molto genuina, era apprezzato per la sua indubbia onestà e per il modo, chiaro ed elegante, di spiegare la sua materia. Ma agli esami era estremamente severo anche se veniva descritto come un "duro, ma giusto".Villaggio era professore emerito presso il dipartimento di ingegneria strutturale dell’Università di Pisa, dove fu chiamato a coprire la cattedra di Scienza delle costruzioni nel 1966. Successivamente insegnò anche idrodinamica classica e meccanica dei continui alla Scuola Normale. Accumulò numerose esperienze all’estero come visiting professor. Fu socio ordinario dell’Accademia Nazionale dei Lincei e membro del comitato di redazione di diverse riviste internazionali come Meccanica, Journal of Elasticity, Mathematics and Mechanics of Solids. Pubblicò più di 100 articoli e diventò uno dei maggiori esperti internazionali della teoria classica dell’elasticità.Si laureò in Ingegneria civile nel 1957 con una tesi sulla meccanica dei fluidi nella natia Genova. Qui entrò in stretto contatto con un grande della matematica italiana del Novecento, Guido Stampacchia, iniziando un’attività di ricerca parallela. Di Stampacchia Villaggio ebbe sempre un caro ricordo, affermando spesso che ebbe un ruolo speciale nella sua formazione. Subito dopo la laurea vinse una borsa all’Istituto Nazionale di Alta Matematica (INdAM). La selezione per il mantenimento della borsa era dura e impegnativa, ma la preparazione e il livello raggiunto da Villaggio erano sempre molto alti. Un suo amico ricordò:“Prima di incontrare gli esaminatori attraversavamo un lungo corridoio sulle cui pareti c’erano i ritratti di matematici come Peano, Tonelli, Dini et cetera che ci incutevano timore. Fichera era l’esaminatore più terribile ma Piero era sempre brillante nei colloqui. All’INdAM Piero era affascinato dalle lezioni di Giulio Krall- matematico, pioniere nella scienza delle costruzioni- e di queste ne parlava con entusiasmo. Ricordo, in particolare, la sua ammirazione proprio per le lezioni di Krall sul calcolo delle autofunzioni e degli autovalori nello studio delle oscillazioni dei sistemi elastici continui. Comprendevo che molte cose che allora ci venivano insegnate erano già note a Piero. Mi parlava spesso di Guido Stampacchia per il quale aveva una profonda ammirazione: era stato proprio lui ad indirizzarlo per primo, a Genova, allo studio delle diseguaglianze variazionali”.In foto Piero Villaggio all’Università di Reggio Calabria nel 2008. Crediti foto: “Un ricordo di Piero Villaggjo di Cesare Davini in matematica nella società e nella cultura. Rivista dell’Unione Matematica Italiana”. See MoreSee Less
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